mercoledì 2 gennaio 2008

La lotta dei sans-papiers contro le politiche fasciste di Sarkozy


Parigi - Secondo quanto riferisce il quotidiano « Le Monde », il 20 dicembre scorso nel « Centre di rétention », come chiamano qui i Centri di Permanenza Temporanea, di Mesnil-Amelot, a due passi dalle piste dell’aeroporto internazionale Charles De Gaulle, è iniziato un movimento di protesta dei sans papiers che vi sono trattenuti – o meglio detenuti – in attesa di essere espulsi verso i Paesi d’origine.
Sempre giovedi’ 20 dicembre, un centinaio di sans papiers detenuti a Mesnil-Amelot avevano annunciato la loro decisione di intraprendere uno sciopero della fame illimitato per esigere la loro liberazione e denunciare le condizioni della loro detenzione. La maggioranza dei detenuti è di origine africana: secondo uno di loro, la situazione è dovuta « alla volontà del governo di raggiungere il numero di espulsioni annunciate per il 2007 entro la fine dell’anno ».
In una lettera indirizzata ai consoli dei loro paesi d’origine, i detenuti denunciano « le pratiche ingiuste ed umilianti dell’amministrazione francese, che si fa beffe dei diritti dell’uomo » benché sia proprio la Francia il Paese della « Déclaration des Droits de l'homme et du citoyen del 26 agosto 1789. « Chiediamo che la caccia all’uomo cessi. Che cessi l’invio di false convocazioni alla Prefettura per arrestare la gente », ha aggiunto per telefono Paul, portavoce del movimento di Mesnil-Amelot. Secondo quanto egli ha dichiarato molti sans papiers di Mesnil-Amelot potrebbero unirsi agli scioperanti. Egli stesso ha affermato d’essere al terzo giorno di sciopero della fame e della sete. Il movimento si è esteso, il 29 dicembre, ad altri due « Centres de rétention », quelli di Vincennes – banlieue est di Parigi - : attualmente, il « Centre di rétention » di Mesnil-Amelot ed i due di Vincennes accolgono, si fa per dire, circa 400 persone.
I sans papiers protestano contro le condizioni nelle quali sono stati arrestati e contro le loro condizioni di detenzione. « Abbiamo deciso di intraprendere uno sciopero della fame a partire da questa sera e rifiuteremo di rientrare nelle nostre camere », ha annunciato per telefono all’Agence France Presse Abou (che ha preferito non dire il suo cognome), il portavoce del movimento di Mesnil-Amelot che è stato trasferito venerdì a Vincennes. Abou ha spiegato che, seguendo una prassi consolidata, le autorità del Centre de rétention hanno tentato di risolvere i problemi posti dal movimento trasferendone gli « organizzatori » altrove: evidentemente, la speranza di decapitare e dunque paralizzare le lotte è dura a morire.
Ma la sciagurata politica del numero programmato di espulsioni annuali di sans papiers verso i loro paesi origine attuata dal governo Sarkozy comincia a dare i suoi frutti: la protesta dei Francesi si salda a quella dei migranti. Secondo Pablo Krasnopolsky, insegnante e membro del Réseau éducation sans frontières [Rete Educazione Senza Frontiere], l’organizzazione fa appello perché venga sostenuta la lotta dei sans papiers e chiede la chiusura dei Centres de rétention. Sabato 29 dicembre, solidarietà e sostegno ai sans papiers in lotta sono giunti dalla FSU, la più importante federazione sindacale degli insegnanti.I detenuti protestano anche e soprattutto contro la sorte loro riservata in Francia e la vera e propria caccia all’uomo di cui sono fatti oggetto. Infatti, sottoposti alla pressione politica del numero programmato di espulsioni, le prefetture e i servizi di polizia ricorrono a tutti i mezzi ed a tutti gli stratagemmi possibili per fermare, rinchiudere nelle prigioni amministrative gli stranieri ed espellerli
Rastrellamenti sui mezzi di trasporto e per la strada, operazioni di polizia nei luoghi di lavoro e perfino nei negozi, come è avvenuto mercoledì scorso a Parigi, convocazioni-trappola, controlli a seconda del colore della pelle, fermi nelle abitazioni, tutto fa brodo per rispettare la « quota » prefissata, l’obiettivo di 25 000 vite distrutte nel 2007. Malgrado la loro difficile situazione (condizioni carcerali in cui la polizia ha tutti i poteri, possibilità di dispersione dei detenuti, minacce di espulsione immediata), quelli di Mesnil-Amelot sono riusciti ad organizzarsi e ad elaborare le loro rivendicazioni, essenzialmente la fine della caccia all’uomo di cui sono vittime, e a far conoscere il loro movimento. Davanti alla rivolta dei detenuti contro la sporcizia e la promiscuità nelle quali sono costretti a vivere ed il bando che li aspetta, le autorità conservano il silenzio.
I responsabili della prigione amministrativa di Mesnil-Amelot non sono autorizzati a parlare, il ministro Hortefeux è in vacanza e il presidente Sarkozy spende in Egitto i soldi dei suoi amici miliardari o dittatori, gli stessi che, contribuendo a far regnare un ordine economico e politico ingiusto nei paesi poveri provocano l’immigrazione. Come dicono essi stessi, i detenuti di Mesnil-Amelot, come d’altronde la quasi totalità dei sans papiers, sono lavoratori con una famiglia a carico, in Francia o nel paese d’origine. Le persecuzioni di cui sono vittime non hanno altra giustificazione se non l’ostinazione dottrinaria e la demogogia xenofoba dei fanatici dell’espulsione. La solidarietà di tutti coloro che si indignano davanti all’oppressione e all’ingiustizia cresce: ne sono prova la mobilitazione del più grande sindacato degli insegnanti e della Rete Educazione senza frontiere, da anni sulla breccia per difendere soprattutto i bambini figli di sans papiers che frequentano le scuole dalla politica disumana di Sarkozy.
Una politica inaugurata dall’attuale presidente prima della sua elezione, quando era ministro degli Interni nel governo del rivale Villepin: una politica che si è tradotta – giusto per citare qualche esempio - nell’arresto di un nonno di origine cinese che andava a prendere il nipotino a scuola e nel suicidio di alcuni sans papiers terrorizzati dalla polizia. Ma, come è noto, i sans papiers non votano e votano invece quelli ai quali una propaganda xenofoba e razzista, cinica e bassamente demagogica fa credere, in Francia come in Italia, in Europa come negli Stati Uniti, che di carovita, disoccupazione, criminalità sono responsabili i migranti, proprio loro che ne sono in realtà le vittime.

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