domenica 23 settembre 2007

Roma, assalto squadrista al campo Rom.Il razzismo made in Italy fa proseliti




venerdì 21 settembre 2007
Incredibile episodio di odio e violenza nella capitale. In quaranta, con coltelli, mazze da baseball e molotov assaltano un campo. E' il terzo e più grave episodio in una settimana. Dopo Opera e Pavia dilaga la violenza contro i rom, senza argini e indignazioni di Angela Mauro
La piccola Angel Teresa dorme placida nel lettone di mamma Angela. Pannoloni e mosche sulle braccia grassocce, un anno e quattro mesi di vita, non può saperlo, lei, che intorno gli adulti sono tutti agitati.
Sono giorni di paura al campo nomadi di via Furio Cicogna, vicino a Ponte Mammolo, zona est di Roma. Non era mai successo prima, mai da due anni che esiste il piccolo accampamento rom. Questa settimana è successo: lunedì notte e poi martedì, poi ancora nella notte tra mercoledì e giovedì quando in zona prestavano servizio di pattugliamento dei carabinieri in borghese, allertati dagli episodi precedenti. Si sono presentati in quaranta con coltelli, mazze da baseball, bottiglie incendiarie che hanno lanciato dal ponte che sovrasta il campo. Non orde organizzate di estrema destra, nè leghiste e nemmeno baby gang di periferia. Lo dice lo stesso tenente Papa, intervenuto sul posto, che si tratta niente più che degli «abitanti del vicino quartiere di Casal de' Pazzi». Età dai 20 ai 40 anni. Due notti fa, l'unico che sono riusciti a fermare è un uomo di 40 anni, con qualche precedente penale. L'accusa è di resistenza a pubblico ufficiale e porto abusivo di armi e oggetti atti a offendere.
Con sè aveva un coltello da cucina, un taglierino, un cacciavite. E' sotto interrogatorio, tramite lui gli inquirenti vogliono risalire agli altri che con il volto coperto si sono presentati al campo rom al grido di «vi ammazziamo tutti» e armati anche di una tanica di benzina, lasciata lì e sequestrata dalle forze dell'ordine che ora presidiano il campo 24 ore su 24. Se fai un giro in quartiere, nei dintorni della fontanella dove i rom di solito si riforniscono d'acqua, nessuno sa niente del recente "trambusto" notturno che per fortuna non ha provocato feriti. Ma chiunque incontri è disposto a sfogarsi su «questi rumeni che ti rubano tutto», sul fatto che «prima questa era una zona tranquilla» e ora invece «non lo è più». Tanto che la signora Gabriella ha preferito addirittura non andare in vacanza quest'estate per non lasciare casa incustodita. Paura incontrollata in un quartiere abitato da ceti popolari ma anche da classe media "benpensante". Paura che ora si sente legittimata dalla campagna mediatica e di certa politica sulla sicurezza. Emilio, 45 anni, è un po' il "capo" del campo rom, ruolo che gli deriva spontaneamente dal suo italiano fluente. Non si è accorto della "deportazione" dei rom in atto a Pavia, legge poco i giornali, guarda la televisione (che non ne ha parlato), ma comunque non ha dubbi. L'arrivo della violenza e dell'intolleranza anche al campo di Ponte Mammolo è figlia della «pubblicità di tv e stampa su quello che avviene altrove, a Livorno per esempio. Fino ad oggi qui ci rispettavano, non ci hanno mai detto niente anche quando andavamo a prendere l'acqua alla fontana». Nemmeno a dirlo, dall'inizio della settimana Emilio e gli altri non ci vanno più a prendere l'acqua. Hanno paura della paura dei residenti che di questi tempi si sente legittimata e si manifesta come tale: con strafottenza e arroganza nonostante si sappia, in zona, che già da lunedì i rom hanno allertato i carabinieri.Sei baracche, corrente alimentata da un piccolo generatore artigianale. Trenta famiglie, cinquanta bambini. Solo Emilio ne ha sei. Nikita Dunca, 40 anni, ne ha otto e si agita sotto lo sguardo delle telecamere nel suo italiano stentato. «I miei figli vanno a scuola, quella pubblica italiana, e sono perfettamente integrati. Noi qui non siamo abusivi». E dopo si scopre il perchè. Nikita sfodera la «carta» di cui parla dall'inizio della conversazione. Sembra un atto di vendita, ma si vede subito che è fasullo. E' la cessione del terreno su cui sorge il campo rom da parte di un italiano, I.S. A Ponte Mammolo i rom non sono abusivi perchè hanno acquistato il suolo per «11mila euro», almeno così dice Nikita che non sa che Totò cercò di vendere la Fontana di Trevi. La moglie Fabiola, 39 anni, sguardo seccato che scruta il piccolo cortile dove svolazzano le mosche e passeggiano i topi, non ne vuole sapere di sgombero («I bambini vanno a scuola qui»). Perchè la voce circola, anche se il comune non è mai passato agli atti ufficiali. «Si sa come finisce - Emilio traduce i pensieri degli altri - sgomberano con la promessa di un'altra sistemazione e poi ti lasciano in mezzo a una strada...». Almeno Emilio un lavoro ce l'ha e anche un permesso di soggiorno. Sono 800-1000 euro al mese per fare l'autista in una ditta di trasporto di generi alimentari. Alin Cioaca, 32 anni, pure ce l'ha un lavoro, ma in nero, a chiamata, e non ha problemi a dirlo: «35-40 euro al giorno in un deposito edile nelle vicinanze». Gli altri si arrangiano in giro a chiedere l'elemosina, ma non lo dicono. «Gli altri sono attori, musicisti, lavorano nei locali», se la sbriga Emilio.Ivano Caradonna, presidente del V municipio, dei Ds, si dice preoccupato per gli «inaccettabili» episodi di violenza e rivendica quanto fatto a Ponte Mammolo in materia di «solidarietà e inclusione sociale, anche grazie all'impegno delle associazioni di volontariato e della comunità locale». Che vota (scusate se è poco), mentre i rom non possono. Ma questa non è materia che sembra preoccupare Maria, sorriso che brilla di qualche dente dorato, ampia gonna verde smeraldo che luccica di paillette al sole quando lei viene fuori dalla baracca, dove oziano i grandi e giocano i bambini, per chiedere una sigaretta e «qualche soldo». Maria e gli altri ostentano una spensieratezza che quasi stride con l'agitazione di Emilio e Nikita e con l'aria maleodorante del campo, riuscendo forse a fare pendant solo con l'ingegnosa architettura delle baracche e i colori allegri di tende e vestiti. E' una forma di reazione come quella di un'altra Maria che si fa coraggio ed esce dal campo con la piccola Mariana affaccendata ad addentare un pezzo di carne arrosto nel passeggino. «Lei ha sete, vado a prendere l'acqua alla fontana. Paura? Cerco di non averne».
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«Ora ho paura. Eppure non abbiamo mai dato fastidio» Angel, 17 anni e due figli, racconta la sua vita nel campo «In due anni che siamo qui non c'era mai stato un problema» di Diana Di Segni
«Sono felice di essere in Italia, qui abbiamo una casa e riusciamo a dar da mangiare ai nostri figli. Per questo mi dispiace per quel che è successo l'altra sera, io proprio non me l'aspettavo». Sono le parole di Angel, 17 anni e due figli piccoli, il maggiore di due anni e mezzo e la minore di un anno e quattro mesi. E' arrivata in Italia due anni fa da Craiova, in Romania, ed ha sempre vissuto nel campo di Ponte Mammolo. Siede sul mobile che fa da divano nella sua baracca - colorata come le altre del campo - mentre sua figlia dorme nel letto arrangiato della stanza accanto.
Come fai a mantenere la tua famiglia?Io chiedo l'elemosina alla stazione Tiburtina, a Termini oppure a volte vado in piazza di Spagna. Ogni giorno guadagno 10 o 15 euro, che mi permettono di comprare il latte per i miei figli e le poche cose che ci servono per vivere. A volte vado alla Caritas per prendere i pannolini o il mangiare per i bambini. Mio marito invece lavora come muratore a giornata; quando il capocantiere ha bisogno di manodopera gli telefona e gli dice dove deve farsi trovare. In genere, lavora tre volte a settimana, per una paga di 50 euro al giorno.
C'è qualcuno che vi fornisce assistenza?Quando uno dei bambini è malato lo portiamo da una dottoressa al consultorio di Pietralata. Per fortuna i miei figli sono sani e non ne hanno mai avuto bisogno, però sono stati vaccinati, come tutti gli altri bimbi del campo. Il Comune non ci ha neanche fornito l'assistenza sociale, quindi siamo andati noi di nostra spontanea volontà ad iscrivere i bambini a scuola. I miei figli sono ancora piccoli, ma appena raggiungeranno l'età giusta, li manderò a scuola.
Come ti senti dopo l'altra sera?Da diversi giorni avevo notato alcuni ragazzi che erano appostati vicino al campo, ci guardavano senza dire nulla mentre noi ci occupavamo delle nostre faccende quotidiane: andare a prendere l'acqua alla fontanella del parco, portare fuori la spazzatura... Poi, la sera, quando hanno iniziato a gettare le bottiglie incendiarie, una di queste è caduta proprio sul tetto della mia baracca! Ho avuto tantissima paura, mi sono messa a piangere, soprattutto per i miei bambini, li ho presi con me e siamo usciti tutti quanti fuori dalla baracca. Per fortuna che ieri, quando si sono presentati in trenta armati, c'erano già i carabinieri ad aiutarci.
Avevi mai avuto problemi prima?No, mai. Nessuno mi ha mai detto niente quando chiedevo l'elemosina, io mi contento di prendere quello che le persone mi danno, quanto basta per soddisfare ai bisogni della mia famiglia. Quando ho raggranellato quei pochi euro che mi servono me ne vado e non disturbo nessuno. Però due giorni fa ero al mercato con mio figlio e un'amica, quando un ragazzo con il cranio rasato ha iniziato a insultarci; io mi sono rivolta ad alcune persone anziane che erano lì accanto dicendo loro che non era bello usare quelle parole davanti ai bambini, ma nessuno ha risposto. Allora ho avuto paura, così sono scappata subito via e sono tornata al campo.
Sei felice di essere in Italia?Si, perché in Romania non avevamo niente, non avevamo un posto in cui stare, era impossibile vivere lì. Certo, qui stiamo nelle baracche, ma almeno le abbiamo! In Romania non avevamo neanche queste. In Italia ho sempre trovato persone di buon cuore, e davvero non mi aspettavo la violenza dell'altra sera. Noi non diamo fastidio a nessuno. Ora ho paura ad andare al mercato, non ho il coraggio neanche di andare a buttare la spazzatura nel container che è in fondo alla strada. Però non abbiamo scelta, non possiamo continuare a vivere isolati, i nostri bambini devono pur mangiare.

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